Il reato di frode informatica (art. 640-ter c.p.) ha la medesima struttura e quindi i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona (soggetto passivo), di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza della medesima, attraverso la sua manipolazione di detto sistema. Anche la frode informatica si consuma, pertanto, nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui. La manipolazione del sistema informatico rappresenta, infatti, una modalità tipizzata di condotta fraudolenta che non esaurisce e perfeziona l’illecito, il quale si consuma nel momento dell’ottenimento del profitto.
(Cass. pen., II, 05/02/2020 n. 10354)